Due mappe inedite su villa Della Torre a Fumane

Giuseppe Conforti

Abstract


Il ritrovamento di due mappe settecentesche inedite presso l'Archivio di Stato di Venezia permette di chiarire le vicende dell'approvigionamento idrico di villa Della Torre a Fumane e di suggerire la paternità del complesso apparato idraulico. La prima, a opera dei periti Michelangelo Mattei e Stefano Foin, risale al 1752 e riguarda la supplica da parte di Raimondo Della Torre di poter utilizzare le incerte acque di scolo della Lena, che transita per il giardino, allo scopo di irrigare la tenuta detta “la Sala”. La seconda mappa del 1766, redatta da Stefano Foin e Giovanni Antonio Tomadelli, si riferisce alla richiesta di erigere un mulino nei pressi della villa alimentandola con l'acqua del torrente Lena. Un “Sommario” redatto nel Settecento a proposito della gestione delle acque registra alla data 1560 l'acquisto dei diritti della famiglia Della Torre sulle acque del Lena; si tratta di un prezioso termine post quem per l'inizio dei lavori di sistemazione del giardino; due anni dopo una nota mappa di Cristoforo Sorte certifica la conclusione del cantiere della villa e del giardino annesso. In un disegno prospettico del medesimo autore si evince l'esistenza di un arco (poi distrutto) che immetteva da ovest, sulla strada che sale per Mazzurega, in un viale di cipressi che scendeva attraversando piani terrazzati verso il primo cortile e poi il peristilio, secondo uno schema di origine vitruviana diffuso nel Cinquecento in Lazio e Toscana. Riferimenti evidenti di questo assetto sono individuabili anche in Palazzo Te a Mantova, benché il recupero dei valori classici a Fumane sia soltanto formale, sottendendo in molti dettagli la rottura dell'equilibrio e la tensione verso la metamorfosi, così ben esemplificata dai camini a mascheroni, secondo un gusto tardomanierista che ammicca ai mostri di Bomarzo. Protagonista di questa catena metamorfica è l'acqua, il cui perenne defluire sembra essere il motore di un'architettura sul punto di rovinare. Ancora una volta, la più prossima fonte d'ispirazione sembra essere l'eclettico linguaggio di Giulio Romano, a cui rimanda la grotta con accesso antropomorfo sotto il giardino. La dissoluzione del classicismo a villa Della Torre risente dei contatti con il gusto visionario nordico mediato dalla corte vescovile di Trento, prima retta da Bernardo Clesio e poi da Cristoforo Madruzzo, con i quali i Della Torre ebbero frequenti rapporti attraverso Gian Matteo Giberti, di cui Francesco Della Torre era segretario. Una figura interessante, in questi scambi tra Verona e Trento, è quella del già citato Cristoforo Sorte, allievo di Giulio Romano, che ebbe per committenti i Vescovi di Trento relativamente alla peschiera di Palazzo delle Albere. In base al raffronto con la grotta costruita dal Sorte per villa Porto-Colleoni-Thiene a Thiene si ipotizza che a Cristoforo sia stato affidato il progetto di tutto l'apparato idraulico di villa Della Torre, se non addirittura l'intera ideazione architettonica. In conclusione villa Della Torre presenta un utilizzo spregiudicato della tradizione classica con pochi antecedenti in territorio veneto, mentre esercitò poco dopo influssi su villa Nichesola a Ponton, villa Morando a Nassar e villa Verità a San Pietro di Lavagno.


Parole chiave


Villa Della Torre; Famiglia Della Torre; Michelangelo Mattei; Stefano Foin; Cristoforo Sorte; Giulio Romano; Gian Matteo Giberti; Bernardo Clesio; Cristoforo Madruzzo; Bartolomeo Ridolfi

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