Villa Del Bene: iconografia e inquietudini religiose nel Cinquecento. Gli affreschi della loggia e dell'Apocalisse

Giuseppe Conforti

Abstract


Nel salone e nella loggia di Villa Del Bene a Volargne sono presenti affreschi a tema religioso (scene dell'Apocalisse) e profano attribuibili al poco noto Nicola Crollalanza. Non sono noti i moventi che hanno condotto a una scelta iconografica tanto insolita per una villa di campagna. Si è ipotizzata, con pochi riscontri documentari, l'influenza di prelati di passaggio lungo la strada che portava a Trento negli anni del Concilio. Enrico Maria Guzzo ha proposto l'intervento del discusso prelato veronese Vincenzo Cicogna, che cita nel suo testamento Giovan Battista Del Bene quale destinatario di un quadretto devozionale (un Cristo portacroce). Cicogna fece parte, assieme a Tullio Crispoldi e Marc'Antonio Flaminio, dell'ambiente gibertino, che non fu indiffferente ad alcuni temi della teologia protestante. La dedica con la quale il prelato accompagnava il lascito a favore di Del Bene citava un passo del Beneficio di Cristo di Flaminio, opera giudicata eretica nel 1547. Il prelato era rettore di San Zeno in Oratorio a Verona, medesima parrocchia del committente degli affreschi. Il processo agli eretici veronesi che si tenne nel 1550 coinvolse, tra gli altri, anche il Cicogna. Pur frequentando Carlo Borromeo a Milano e il vescovo Matteo Priuli a Vicenza, il prelato rimase indiziato di eresia e venne incarcerato nel 1573. Il ciclo pittorico di Villa Del Bene emana "religiosità cristocentrica" a partire dall'Orazione nell'orto affrescata lungo la scala che conduce alla loggia, dove troviamo un fregio con teste di Imperatori e imperatrici, quattro paesaggi alternati a finti rilievi di storia romana, due figure giacenti reggicartiglio e quattro figure allegoriche. I paesaggi, ritenuti vedute della Val d'Adige, costituiscono piuttosto una meditazione sulla transitorietà della vita terrena, sulla scorta delle riflessioni del neoplatonico Francesco Zorzi nel De harmonia mundi del 1525.

Analoghi paesaggi si trovano nella coeva sagrestia di Santa Maria in Organo e nella sala sinodale del palazzo Vescovile a Verona, ad opera dei pittori di area gibertina, forse attivi anche a Volargne, Giovan Francesco Caroto e Domenico Brusasorzi. Letti con la dovuta attenzione, i quattro paesaggi vanno inquadrati nell'antitesi cristiano/pagano. Le quattro figure allegoriche che si stagliano in finte nicchie rimandano a temi tipici della predicazione profetico-penitenziale. Ai lati dei paesaggi si presentano due finti rilievi che inscenano episodi della storia di Roma antica contrassegnati dal sacrificio di sé (Muzio Scevola, Publio Decio Mure). I due eroi sono citati da Agostino nel De civitate Dei come esempi di virtù pagana superata dal martirio dei primi cristiani. L'intera loggia appare ispirata al testo agostiniano, filtrato dal magistero paolino: viene messo in scena il contrasto tra mondo pagano e cristiano, tra civitas terrena e civitas Dei, tra forze del Male e forze del Bene la cui lotta trova soluzione nell'Apocalisse, oggetto degli affreschi del salone. Nel più importante ambiente della villa quattro riquadri rappresentano altrettanti episodi tratti dal libro di San Giovanni Evangelista, le cui raffigurazioni mostrano stringenti attinenze con una Bibbia stampata a Francoforte, in ambiente protestante, nel 1539 e illustrata da Hans Sebald Beham. Il ciclo si presta ad essere letto per opposizioni binarie: la prima coppia, di cui fanno parte il Flagello dei quattro angeli e l'Elezione dei giusti, ribadiscono la visione agostiniana di un mondo diviso in una umanità destinata alla salvazione ed una condannata alla perdizione. Nel primo dei due soggetti va notato che il pontefice si presenta senza volto, come un Papa inviato da Dio per conciliare tutti i cristiani e riformare la Chiesa, in linea col pensiero del gibertino Tullio Crispoldi. La seconda coppia è composta dall'Adorazione della bestia immonda e dalla Sconfitta di Satana. L'eterna lotta tra eletti e reprobi è qui trasfigurata in lotta tra cristiani e turchi, recependo anche in questo caso le inquietudini contemporanee. Il ciclo pittorico prosegue in tre stanze minori che ospitano la Caduta di Babilonia, le Storie di Davide e Giuditta, le Storie di Giuseppe e, nella terza stanza, storie della vita di Gesù Cristo. Degno di attenzione è il portale affacciato sulla via tridentina, con un aspetto monumentale dato dal profilo a piramide sormontato da un disco, in luogo del consueto timpano: tale elemento rimanda a simbologie neoplatoniche, ma nel contesto iconologico della villa va interpretato come il Cristo Apocalittico, il Cristo della seconda venuta. Il volto barbuto nella chiave di volta va, di conseguenza, letto come il Cristo-uomo della prima venuta, il substentaculum omnium. Il primo gradino della piramide sovrastante il portale ha le medesime proporzioni dell'arca, corrispondenti alle proporzioni di un uomo in posizione supina, ulteriore allusione alla simbologia di Cristo-uomo. Complessivamente il ciclo iconologico di villa Del Bene accoglie temi vicini alla predicazione protestante (lotta tra Bene e Male, tra predestinati e dannati, negazione del Purgatorio) che echeggiavano nel circolo di Matteo Giberti, in particolare nelle posizioni di Vincenzo Cicogna. La villa è una testimonianza di come a metà del Cinquecento l'evangelismo si appropriasse della visione apocalittica della propaganda protestante con l'intento di riformare dall'interno la chiesa di Roma.


Parole chiave


Giovanni Battista Del Bene; Nicola Crollalanza; Domenico Brusasorzi; Giovanni Francesco Caroto; Concilio di Trento; Vincenzo Cicogna; Gian Matteo Giberti; Tullio Crispoldi; Marc'Antonio Flaminio; Apocalisse di San Giovanni; Dürer; Michele Sanmicheli

Full Text

PDF

Refback

  • Non ci sono refbacks, per ora.


Copyright (c) 2018 Giuseppe Conforti

Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella
Via Vaio 25 - 37022 Fumane (VR) - info@cdsv.it
c.f.: 93003980237

La digitalizzazione dell'Annuario Storico della Valpolicella è stata realizzata con il contributo di: