La relazione dell’abate Giuseppe Venturi che salvò la «campana orologiaria» scaligera della torre del Gardello (1809)

Matteo Fabris

Abstract


Nel 1370 venne realizzata una campana a servizio di un pubblico orologio nella torre scaligera detta del Gardello di Verona; nel 1626, per via delle doti acustiche non eccellenti, venne spostata dalla cella campanaria sulla sommità della torre. Alienato il fabbricato dal Demanio, nel 1809, smantellandosi l’orologio, l’abate Giuseppe Venturi, su incarico dalla Commissione comunale all’Ornato, si prodigò con l’ingegnere municipale Giuseppe Barbieri perché la campana rientrasse incolume nel patrimonio civico. Accolta la richiesta, essa venne esposta dapprima nella loggia di Frà Giocondo in piazza dei Signori, quindi nel museo civico a palazzo Pompei. Nel 1872, se ne tentò un infelice recupero all’antica funzione nella torre detta Pentagona, al servizio del nuovo orologio ai Portoni della Bra, donato dal conte Antonio Nogarola; già nel 1881 la campana fece ritorno al civico museo, per giungere nel 1925 alla nuova sede museale di Castelvecchio, ove tutt’ora si trova. Ripercorrendo la complessiva bibliografia relativa al manufatto, si pubblica in questa sede la relazione redatta nell’occasione da Venturi per raccomandarne la conservazione; egli sottolinea l’unicità della campana dovuta alle bizzarre peculiarità realizzative anche delle iscrizioni gotiche, nonché il suo valore di memoria del committente signore scaligero Cansignorio della Scala, dello sconosciuto artefice maestro Jacopo e di quello che fu uno dei più antichi orologi a percussione di campana d’Europa.


Parole chiave


Torre del Gardello; Campane; Tutela dei beni culturali; Giuseppe Venturi; Verona; XX secolo

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